A chi non piace l’Huffington Post


Il web accoglie una nuova creazione made in America che ha avuto molto successo: da ieri sera è possibile leggere Huffington Post Italia. Per chi non lo sapesse Huffington Post è un progetto editoriale statunitense creato da Arianna Huffington , Kenneth Lerer e Jonah Peretti, apprezzato in tutto il mondo e noto ai più per la sua strategia mediatica incentrata sul sistema blog e sui blogger. Le firme che collaborano sono fra le più famose (in America da Obama a Madonna, in Italia a quanto pare leggeremo Tremonti), la forma con cui si presenta online è senza dubbio snella ed efficace.

Ciò che non mi è piaciuto è stato il saluto di Arianna Huffington comparso ieri sera. Il suo “benvenuto”, confidenziale e informale, ma a mio parere marchiato di un vago e sibillino senso di superiorità. Fra le righe compaiono i classici stereotipi degli italiani  “la gente ti offre sempre qualcosa da mangiare e nulla è mai puntuale.”  oppure  “amo la tradizione italiana del riposo – ossia quel momento della giornata, nel pomeriggio, in cui i negozi e gli uffici chiudono – e della “passeggiata”, l’usanza di fare due passi la sera”. Apprezzabile che la signora Huffington sia così vicina ai nostri costumi locali ma le vorrei ricordare che non siamo un gruppo di indigeni cannibali che hanno bisogno dell’alfabetizzazione digitale proveniente dall’America ( oppure sì?) e che nel nostro paese vantiamo (oltre a pizza e mandolino!) una tradizione giornalistica non indifferente.

L’idea che non mi piace è riportare un prodotto che ha funzionato oltremanica paro paro in Italia con la pretesa di educare tutti a come si scrive e come si tratta l’informazione. Ovviamente non è l’obiettivo dichiarato ma, se questo è ciò che se ne percepisce, allora sarebbe meglio aggiustare il tiro da subito.

A capo del progetto la Annunziata, sulla cui professionalità nessuno discute, ma che prima aveva espresso un punto di vista abbastanza infelice sui blogger (ricordate la frase “I blog non sono un prodotto giornalistico, sono commenti, opinioni su fatti in genere noti; ed è uno dei motivi per cui i blogger non vengono pagati”).

Potrà Huffington smuovere le fondamenta dell’editoria, far tremare le penne in mano alla vecchia guardia giornalistica e contemporaneamente avvicinare gli italiani alle notizie, quelle vere, che riguardano il paese? 

In questo momento l’apertura è dedicata ad un’intervista a Silvio Berlusconi molti flash su #Arenata Polverini, politica, qualche scoop e gli immancabili post a firme varie.A vederla così la pagina sembra un enorme condominio dove, guardando il prospetto dell’edificio, il passante può riconoscere l’inquilino dalla finestra e sbirciare cosa combina.

Il post del direttore  è scarno ed essenziale. L’Annunziata parla di un Huffingotn meticcio sottolineando la collaborazione del gruppo editoriale Espresso. E poi c’è la storia dei 189 blogger. Scelti in base a criteri non meglio specificati saranno una manovalanza in continuo aumento. A proposito se volete collaborare con Huffington a questa pagina potete mandare i vostri CV: peccato che l’indirizzo a cui inviarlo in questo momento non esista e le mail tornino indietro (grazie alla segnalazione di Carola Venturini).

La mia prima impressione a meno di 24 ore dall’apertura è quella di un esperimento non riuscito bene come si voleva. Spero davvero di ricredermi in futuro, magari fra una settimana o due quando entreremo in argomenti più delicati.

Intanto resta a tutti gli esperti e studenti di comunicazione osservare l’evoluzione di questo strano ibrido, una sorta di Minotauro digitale, che promette di mixare la velocità del web con lo spirito di ricerca e obiettività giornalistica. Sarà l’ennesimo flop o gli italiani, complici le tecnologie, decideranno di usufruire di un nuovo media?

Aggiornamento: a quanto leggo da più voci online e da questo articolo di Rudy Bandiera i blogger di Huffington non vengono retribuiti. Non voglio gridare allo scandalo ma fornire, in coda alla mia breve analisi, uno spunto di riflessione.

Nel suo post Rudy sostiene che avrebbe scritto per Huff anche gratis in cambio di una visibilità che nel tempo sarebbe diventata fatturato. Ma chi può permettersi di fare questo deve avere alle spalle un minimo di tranquillità economica che gli consenta di compiere questa scelta. Non tutti, soprattutto i giovani, possono farlo, e questo non perché siamo attaccati all’idea del denaro o del posto fisso o di chissà cosa. Semplicemente abbiamo delle spese come tutti e un lavoro  dignitoso dovrebbe avere un minimo di retribuzione se non altro per pagare la corrente elettrica consumata dal portatile e una connessione. 

Perdonatemi Rudy, Arianna e Lucia ma questa storia della visibilità in cambio di contenuti, del fai perché un giorno ti sarà utile, deve essere vista nell’ottica di ciò che è: manodopera gratuita che non costa niente e sforna carne da macello. Crea in chi comanda l’aspettativa che, se lo fai a costo zero, allora vale meno di zero.  

Scrivere gratis può essere un interessante hobby, un bel passatempo, una gavetta agli inizi. Ma il lavoro, quello per cui accedi al tasto “invia il tuo CV” dovrebbe avere un trattamento diverso sia dal punto di vista umano che sociale che economico. Altrimenti non si chiama lavoro: si chiama volontariato.

Questa voce è stata pubblicata in Attualità Media & Società, Social e News tecnologiche e contrassegnata con , , , , , , , , , , , , , , , , . Contrassegna il permalink.

20 risposte a A chi non piace l’Huffington Post

  1. Giuseppe Sciara ha detto:

    Post perfetto e ineccepibile. Brava! Mi piace tantissimo la conclusione “il lavoro, quello per cui accedi al tasto “invia il tuo CV…”

  2. Bravissima, bel post davvero! (già commentato su FB 😉

  3. checcao ha detto:

    Bel post! La penso come te, soprattutto sul lato retribuzione. Ma caspiterina, combattiamo ogni giorno contro chi vuole post per meno di 1 cent a parola e poi arriva l’Annunziata di turno e si abbassa tutti la testa? E tutti quei bei discorsi sui professionisti web? Quanto costa un articolo per il web? Niente, se lo scrivi per Huffington post. Sì, come non costa niente il pane, il latte, la corrente elettrica, vero?
    Il volontaria si fa alla Croce Rossa, o alla Misericordia… a chi ne ha veramente bisogno. Ricordatevelo sempre, soprattutto chi si è fatto grande con la storia del professionista web… sì, un professionista non pagato…

  4. fioridilylla ha detto:

    Bel post! L’ho condiviso ovunque 🙂

  5. Lorenzo Strambi ha detto:

    Bell’articolo e sono naturalmente d’accordo lato retribuzione. Mi spiace che molti però non condividano la nostra opinione, vedi ad esempio Rudy che tra l’altro è anche uno molto “seguito” e conosciuto.

  6. @serenatudisco ha detto:

    …ma soprattutto loro “lavorano” pure gratis?

  7. Riccardo Esposito ha detto:

    @caffeinainchiostroecaos Si può chiedere di farlo una volta ogni tanto, senza pretendere un articolo al giorno. (rispondo qui perché il comemnto non mi dà la replica).

  8. Pingback: L’Huffington Post arriva in Italia: la rassegna di Monujo #17

  9. Pingback: Quanto vale il tuo lavoro | caffeinainchiostroecaos

  10. Pingback: Quanto vale il tuo lavoro? « quarantelli

  11. Pingback: Quanto vale il tuo lavoro? | Giovane Italia Parma

  12. Giuseppe D'Elia ha detto:

    Questo post resta brillante a distanza di tanto tempo dal lancio dell’Huff italia…
    E mi vien da dire anche, al vedere i contenuti spesso proposti, che sta nettamente procedendo per il verso sbagliato… ma in italia la testata fa notizia anche se si scrive una vaccata, quindi avranno il loro seguito, o meglio saranno entusiasta dei numeri… senza considerare nient’altro.

    Sei sempre brava Asi! 😉

Lascia un commento